Rede Unida, 10º Congresso Internacional da Rede Unida


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Migrazione, salute e partecipazione: un approccio multidisciplinare tra università, servizi sanitari e territorio
Ardigò Martino, Anna Ciannameo, Brigida L. Marta, Francesca Cacciatore, Chiara Di Girolamo

Resumo


Caratterizzazione del problema: Occuparsi di salute e di servizi sanitari oggi, in un contesto caratterizzato da processi di globalizzazione, di migrazione e dal progressivo inasprimento delle disuguaglianze sociali e in salute, rende sempre più necessario l'utilizzo di approcci teorici e di strumenti metodologici integrati, orientati alla comprensione profonda delle diverse dimensioni della malattia e della cura. Le prospettive della biomedicina e dell' epidemiologia classica, che a lungo hanno rappresentato le sole voci legittimate a spiegare certi fenomeni, sembrano non essere più sufficienti per una conoscenza profonda della realtà, né tantomeno per la strutturazione di strategie operative efficaci ed eque. In tal senso, alleanze disciplinari con le scienze sociali e umane, e i loro strumenti di ricerca peculiari, permettono di ampliare lo sguardo sui processi di salute e malattia sia da un punto di vista macroscopico (analizzando il peso e l’influenza di fattori di tipo politico, economico e sociale) che microscopico (chiamando in causa le esperienze soggettive). Il caso della malattia di Chagas nel contesto di immigrazione italiano, oggetto di questa presentazione, svela in modo emblematico i processi sopra descritti. La malattia di Chagas è una malattia “dimenticata”, endemica in America Latina con una prevalenza di circa 10 milioni di persone, trasmessa tramite la puntura di un insetto vettore o per via ematica e congenita. La prospettiva biomedica offre soluzioni tecniche specifiche (quali lo screening e la diagnosi, la somministrazione di antiparassitari, il controllo delle forme di trasmissione vettoriali e non), che risultano efficaci e pregnanti solo se l’afflizione viene epurata delle sue determinazioni sociali, politiche, economiche nonché delle sue connotazioni soggettive. Un'analisi interdisciplinare più profonda, infatti, svela immediatamente quelle caratteristiche e quei “discorsi” che rendono la malattia di Chagas un fenomeno complesso e di difficile inquadramento: in primo luogo la “dimenticanza” politica ed economica in termini di investimenti e di ricerca nei paesi endemici, con l’esclusione di parte sostanziale degli afflitti da diagnosi e trattamento, insieme al vincolo esplicito con la povertà, la ruralità, la marginalità e la violenta stigmatizzazione lavorativa e sociale. In secondo luogo l’“emergenzialità” con cui il medesimo fenomeno si sta configurando in alcuni paesi di accoglienza (es. Europa), dove si sta dibattendo sui costi/benefici di strategie sanitarie incentrate più sulla retorica del “rischio” per la popolazione locale, che sulla volontà di garantire la salute degli interessati, migranti in questo caso. Questa cornice va a intersecarsi inoltre con i vissuti e le esperienze migratorie delle singole persone e con la gestione dell’immigrazione da parte delle politiche locali, laddove spesso rispetto all'“immigrato” vengono prodotti ulteriori “discorsi” e azioni altrettanto stigmatizzanti e marginalizzanti. Descrizione dell’esperienza: A partire dalle prospettive sopra delineate, dal 2009 a Bologna (Italia) il Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale (CSI) dell’Università di Bologna, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria locale e con alcune associazioni di migranti latinoamericani, ha implementato un progetto di ricerca-azione partecipativa con l’obiettivo di analizzare, attraverso un approccio di epidemiologia sociale, la presenza, l'entità e le percezioni relative alla malattia di Chagas in tale contesto. Si è scelto di operare sui diversi livelli della malattia in una prospettiva bio-psico-sociale, all'intersezione tra vissuti personali (illness), dimensioni socio-politiche (sickness) e patologia (disease). Coerentemente sono stati coinvolti in modo attivo e partecipativo tutti gli attori sociali interessati: la popolazione, gli operatori sanitari e i decisori politici, sia nella co-costruzione dei significati e dei bisogni che nella elaborazione delle possibili strategie d’azione. È stata realizzata una triangolazione sinergica tra università, servizi socio-sanitari e territorio in cui sono state integrate metodologie di ricerca quali-quantitative (dagli strumenti dell’epidemiologia a quelli dell’etnografia) e contributi di diverse professionalità. Si è tentato di mantenere viva una costante autoriflessività con lo scopo di cogliere e problematizzare le ricadute del lavoro prodotto nel territorio, consapevoli della non-neutralità di qualsiasi azione di ricerca. Risultati: Il progetto così delineato ha avuto un impatto sui tre livelli precedentemente menzionati (illness, sickness, disease) e sugli attori ad essi correlati. Insieme ai referenti comunitari sono state elaborate informazioni utili alla capacitazione della popolazione raccogliendo percezioni ed esperienze rispetto ai percorsi migratori, ai fattori di benessere e disagio, alle condizioni sociali ed economico-lavorative, all’impatto delle attuali politiche migratorie, all’interazione con i servizi sanitari e alle barriere di accesso, alle conoscenze specifiche sulla malattia di Chagas. Gli elementi raccolti sono stati funzionali sia alla strutturazione del primo servizio di screening regionale per la malattia di Chagas, flessibile e orientato alla persona, sia all’ideazione di altri interventi di promozione della salute (nell’ambito della prevenzione e della salute della donna) in base alle esigenze espresse dalla popolazione interessata. Gli operatori sanitari sono stati coinvolti e capacitati attraverso momenti di formazione sia sulla specifica malattia che sui determinanti sociali di salute legati alla migrazione. Si è inoltre tentato di informare le politiche socio-sanitarie rispetto agli aspetti storico-economici e sociali connessi con questa e altre afflizioni caratterizzanti la vita dei migranti. Infine, l’approccio adottato e gli strumenti utilizzati si configurano, nel nostro contesto, come un modello di analisi e di intervento esportabile anche ad altre problematiche complesse in ambito socio-sanitario. Raccomandazioni: Lavorare su una patologia “dimenticata” e stigmatizzata e su una popolazione spesso resa più vulnerabile dalle condizioni migratorie non può prescindere dal riflettere sulle specificità della popolazione, riconoscendone l’eterogeneità e la complessità dei vissuti e dei bisogni, evitando appiattimenti o riduzionismi. Risulta fondamentale a tal fine una programmazione degli interventi e dei servizi di tipo orizzontale, partecipativo e volta alla riduzione delle disuguaglianze, con un continuo esercizio di autoriflessività e di confronto sulle ricadute sociali prodotte. Altrettanto rilevante è l’introduzione di una maggiore flessibilità nei servizi, sia nelle tempistiche che nelle modalità operative, cosi da rispondere più efficacemente ai bisogni della popolazione. A tal fine è necessario un cambiamento di paradigma che inizi da una formazione medica che, allontanandosi dal bioriduzionismo, riconosca la complessità in salute e si apra alla multidisciplinarietà. 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